Se mi avessero detto che il blog, oltre a diventare un passatempo in cui custodire le mie passioni e i miei hobby, sarebbe diventato il mezzo che mi avrebbe permesso di incontrare altre donne fantastiche non ci avrei creduto. Alcune di queste sono Sarde, come me, ognuna con una storia da raccontare e spesso questa storia ha come punto in comune il fatto di essere emigrate per cercare un futuro migliore altrove.
Alcune come me e Chiara, che si racconta oggi, sono partite per poi ritornare. Si parte con il cuore in lacrime ma con la certezza di trovare un futuro migliore, si ritorna spesso senza la certezza di quello che succederà il giorno dopo spinti dal mal di Sardegna che prima o poi tocca tutti coloro che lasciano questa terra per un futuro migliore.
Un racconto esilarante e con una punta di malinconia, un racconto che strapperà più di un sorriso ai Cagliaritani e lusingherà i Milanesi. Chiara scrive divinamente, adoro leggerla e ogni volta lo faccio tutto d’un fiato. Lo fa nel suo blog Una Mamma Zen e vi consiglio di non perdervi i suoi racconti che sono poi uno specchio della giornata tipica di una mamma.
Vi lascio al suo racconto e alla ricetta tipica che ci propone. I pizzoccheri della Valtellina
È una calda mattina di giugno di più di dieci anni fa, quando arrivo a Milano.
C’è afa, e un traffico pazzesco.
“Ho beccato l’ora sbagliata?” chiedo al benzinaio straniero
“No no sempre COSI” risponde, senza accento sulla i.
Una cosa ho capito da subito, mi arriva la certezza fulminea aumentando le gocce di sudore che rigano la schiena. Questo traffico qua, a me che dovrò attraversare ogni giorno la città per andare a lavoro, mi mangerà le giornate. Alzo le spalle e porto gli occhi al cielo. Però è bella. Non so esattamente perché, non mi trovo neanche in centro, ma a me Milano è sempre piaciuta. Di quella bellezza signorile, austera, intoccabile.
In molti sanno che per un sardo lasciare la sua terra è un po’ come morire. Non tutti però sanno che per un Cagliaritano allontanarsi da Cagliari è come tradire la propria fidanzatina dai tempi del liceo. Quella che cambia col tempo, ma che nonostante tutto rimane unica, senza se e senza ma.
Perché il Cagliaritano è innamorato della sua città in maniera viscerale, incondizionata, quasi irragionevole, a volte.
“si, ma non li vedi i cassonetti per strada?”
“eja, ma è bella uguale dai”
“si ma non le vedi certe piazze sporche?”
“eja, ma mò ci passa Zedda e sistema tutto”
“si, ma non lo vedi che non c’è lavoro?”
“eja, ma io a pranzo vado al mare”
E il discorso potrebbe continuare ore. Al cagliaritano Cagliari non si tocca. E’ come la squadra del cuore. Una mia vecchia conoscenza, quando parlavo di andare via, mi rispondeva sempre:
“Preferisci un lavoro mediocre con una vita buona o un lavoro buono con una vita mediocre?”
io provavo a rispondergli che non esiste vita buona con un lavoro mediocre, ma non credo mi abbia mai capito. Spero che la sua vita ora sia fantastica e il suo lavoro pure, e lo dico senza rancore.
A me invece non bastava. Non bastava quello che il mio paese aveva da offrirmi, porgendomi un piatto di plastica colorato di grigio per farlo sembrare argento. E così sono partita. Ho trovato una città piena di opportunità, servizi e possibilità, ma anche una città piena di contraddizioni, mancanze, limiti. Esiste qualcosa che non li abbia?
Ho amato Milano a volte più della mia stessa terra, perché mi ha accolto quando nessun altro voleva farlo. Mi ha permesso di riscrivere una strada che altrimenti sarebbe già stata stesa.
Mi ha fatto mettere in gioco. Non è stato semplice e ho perso alcuni affetti molto cari, ma è la vita, è così che va’.
Se mi avessero detto allora che sarei tornata, non ci avrei mai creduto. Invece il mare degli eventi anni dopo mi ha riportato indietro. Ma per questo altro raccondo vi rimando a un altro post perchè la storia inizia a diventare lunga, ammesso che Silvia vorrà ancora ospitarmi 🙂
E ora veniamo alla parte gustosa. Cosa si mangia a Milano, a parte l’aperitivo?
Postare una ricetta di risotto alla milanese o dell’ossobuco sarebbe stato troppo banale, e poi io non amo né la carne né lo zafferano.
Rimanendo però sempre in Lombardia, c’è una zona di montagna dove amavo molto andare: La Valtellina. E chi è stata qualche volta in Valtellina non può non aver assaggiato i pizzoccheri della Valtellina. Non mangiateli se siete a dieta, perchè leggeri non rimangono, ma sono divini.
PIZZOCCHERI DELLA VALTELLINA
COSA CI OCCORRE PER UNA RICETTA COMPLETA
- 1 cavolo verza
- 500 gr di pizzoccheri secchi valtellinesi (chiaramente potete farli anche a mano, ma lavorare il grano saraceno non è facile)
- 2 patate medie
- formaggio tipo bitto e casera (o comunque un formaggio grasso)
- burro 100 gr
- 2 foglie di salvia
- 100 gr di grana padano
- 1 spicchi di aglio
PROCEDIMENTO
- Per preparare i pizzoccheri della Valtellina tagliare il cavolo verza e le patate e metterli a bollire in acqua salata.
- Dopo 10 minuti circa di cottura aggiungere anche i pizzoccheri e ultimare la cottura, i pizzoccheri secchi in media hanno bisogno di 12-15 minuti di cottura.
- In un pentolino a parte sciogliere il burro con la salvia e uno spicchio d’aglio.
- In una ciotola ampia e bassa mettete il formaggio tagliato a pezzi.
- Quando i pizzoccheri della Valtellina saranno pronti scolateli insieme alle verdure versateli nella ciotola recipiente insieme al burro bollente e al formaggio.
- Mescolate delicatamente fino a che tutti gli ingredienti non si saranno ben amalgamati, spolverate con il grana e servite i vostri pizzoccheri della Valtellina ben caldi
Trovate chiara anche qui:
Photo credit del Duomo e dei Navigli: Pixabay
Non sapevo che una mamma zen fosse sarda! Bellissimo il suo racconto!
Non conoscevo Chiara e neanche l’amore viscerale che un sardo prova per la sua terra! I pizzoccheri li conoscevo però e sono ottimi
Io adoro i pizzoccheri. Però di solito li faccio con gli spinaci invece che con la verza!
Che belle parole verso la mia città!